Vitamina D La vitamina del sole!

 

Sono sempre di più le ricerche scientifiche che mettono la Vitamina D al centro dell’attenzione per i molti benefici che avrebbe sulla salute di tutto l’organismo e non solo delle ossa, come si pensava fino a un po’ di tempo fa.

Che cos’è e che funzioni ha

La Vitamina D è un vero e proprio ormone che viene sintetizzato nella cute per effetto dei raggi solari o meglio, delle radiazioni ultravioletta B o UV-B, e assunta, in parte, dalla dieta. Chiamata anche “vitamina del sole”, in età adulta è utile per mantenere un adeguato metabolismo del calcio e delle ossa (per esempio, si utilizza in caso di osteoporosi).

In età pediatrica la sua azione principale è garantire un’adeguata calcificazione delle ossa infatti la sua carenza provoca rachitismo.

Negli ultimi anni sono state evidenziate tante nuove funzionalità in vari organi e sistemi, tanto che la sua carenza è stata associata a diversi tipi di disturbi come diabete, infarto, malattia di Alzheimer, asma, alla sclerosi multipla e depressione. Mancano tuttavia chiare e definitive evidenze scientifiche al riguardo.

Ruolo potenziale  della vitamina D contro Covid-19.

Molti studi evidenziano con decisione le potenzialità della vitamina D anche contro il Covid-19.!

Tanti studi osservazionali offrono la prova che le concentrazioni sieriche di 25-idrossivitamina D sono inversamente correlate con l’incidenza o la gravità del COVID-19.

Attraverso le sue interazioni con una moltitudine di cellule, la vitamina D può avere diversi modi per ridurre il rischio di infezioni acute del tratto respiratorio e di COVID-19:

  • ridurre la sopravvivenza e la replicazione dei virus
  • ridurre il rischio di produzione di citochine infiammatorie
  • aumentare le concentrazioni dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2
  • mantenimento dell’integrità endoteliale.

Moltissimi sono gli studi pubblicati o in corso.

Solo per esempio, gli autori di un recentissimo studio ,concludono di aver trovato una prevalenza marcatamente alta (100%) di ipovitaminosi D nei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19, suggerendo un possibile ruolo di un basso stato di vitamina D nell’aumentare il rischio di infezione da SARS-CoV-2 e successivo ricovero in ospedale. L’associazione inversa tra i livelli sierici di 25 (OH) D e il rischio di mortalità intraospedaliera osservata nella corte suggerisce che uno stato di vitamina D inferiore al momento del ricovero può rappresentare un fattore di rischio modificabile e indipendente per la prognosi sfavorevole in COVID-19.

La carenza di Vitamina D

La fonte principale di Vitamina D è l’esposizione al sole della cute. Tutto ciò che riduce la trasmissione dei raggi solari UV-B o interferisce con la penetrazione dei raggi nella pelle quindi ne influenza la sintesi.

I bassi livelli di questa vitamina in Europa, in particolare, derivano da diversi fattori:

  • i paesi si trovano generalmente a latitudini elevate;
  • le popolazioni sono diventate sempre più urbanizzate e trascorrono meno tempo all’aperto (indagini statistiche indicano che gli abitanti delle città trascorrono l’80-90% del loro tempo al chiuso, limitando fortemente il potenziale per la produzione di vitamina D);
  • l’introduzione di vitamina D con gli alimenti è esigua nella maggior parte dei paesi europei e i livelli di integrazione raccomandati sono troppo bassi;
  • l’invecchiamento della popolazione.

La giusta raccomandazione di evitare l’eccessiva esposizione solare come prevenzione tumorale e lo stile di vita sedentario hanno inciso notevolmente su una buona quota della popolazione che oggi è a rischio di carenza di vitamina D.

I sintomi della carenza

In genere la carenza di vitamina D non dà sintomi particolari. Negli adulti, e nei casi più gravi, ci possono essere dolori muscolari cronici, ma è veramente molto raro.

Come detto prima, passare gran parte del proprio tempo, per lavoro o altro, in ambienti chiusi, vivere in città, abitare in nord Italia ed essere anziani rende più probabile avere una carenza di vitamina D. Inoltre, è più facile essere in carenza durante i mesi autunnali ed invernali, quando le ore di luce diminuiscono e il clima impone abiti che coprono di più.

Tuttavia, anche in inverno non è indicato il dosaggio cosiddetto “a tappeto” nella popolazione generale, ma è consigliata un’integrazione, dopo la verifica dei suoi livelli con esame del sangue, solo nei soggetti con certe patologie e sempre su indicazione medica.

Come integrarla: gli alimenti e l’esposizione

Pochi alimenti contengono naturalmente questa vitamina: tra questi, pesci grassi (salmone, sgombro, aringhe) e oli di pesce (incluso l’olio di fegato di merluzzo), formaggi grassi e carni rosse. Per questo è essenziale una corretta esposizione alla luce solare.

L’ideale è un’esposizione di circa 10-15 minuti quando la quota di raggi UVB è maggiore ovvero dalle 10 alle 15. Oppure si può ricorrere all’integrazione.

Gli integratori di vitamina D: come assumerli

Per il trattamento della carenza di vitamina D, sono disponibili numerosi prodotti. In genere si utilizzano 50.000 – 100.000 unità\ al mese di Colecalciferolo in olio per via orale, come consigliato dalle ultime linee guida, frazionate anche in dosi settimanali o quotidiane. Un altro prodotto frequentemente utilizzato è il Calcifediolo in gocce o capsule molli.

Entrambi questi farmaci si assorbono meglio se assunti con il cibo.

Le controindicazioni

Il sovradosaggio (per quanto raro) può essere pericoloso. Prima di assumere una integrazione a dosi farmacologiche è bene rivolgersi al proprio medico.

Pubblicato da umberto Perna

laureato in scienze motorie ed esperto di allenamento e preparazione atletica .docente della fci e allenatore di ciclismo. esperto di fitness musicale. tabata,bodyweight,functional. direttore tecnico del fitness sport club Perna dal 1982

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